Da partite come quella di ieri c’è, oggettivamente, solo da perdere. Niente da guadagnare, per cui averla vinta, ma soprattutto affrontata, con lo spirito giusto è un buon segnale. Dal punto di vista tecnico, in realtà, il giudizio resta sospeso perché comunque va valutato in contrapposizione a chi si teneva di fronte: la Turris ha retto finchè hanno girato le gambe, ma evidentemente l’impossibilità di fare cambi ha pesato, e non poco. E, a proposito di cambi, non è la prima volta che si può sottolineare come la bontà di quelli che ha a disposizione De Giorgio (oggi sostituti, ma domani possibili titolari) è sicuramente un punto a favore.
Ovviamente, arriveranno altre prove – a cominciare da quella di Benevento – in cui il Potenza verrà messo alla prova in maniera adeguata. L’importante – ed è quello che ci portiamo a casa – è il risultato unito alla sensazione che la squadra è stata costruita con criterio, senza ‘figurine’, con ragazzi che si sono calati immediatamente nella parte, con un allenatore serio e che per primo si sta mettendo alla prova, con grandissima umiltà e con il gusto di avere ancora tanto da imparare. Il percorso è lungo, ci vuole pazienza, ma generalmente in questa prima fase di stagione possiamo ritenerci soddisfatti, se non altro per la ricostruzione che è stata operata.
E proprio sotto questo aspetto, mi piace sottolineare il lavoro del ds Enzo De Vito, soprattutto nel momento in cui ha dovuto definire le cessioni dai calciatori fuori dal progetto, in particolare Asencio. In tal senso possiamo dire che la fiducia che la società e in primis Nicola Macchia, gli ha accordato è stata fondamentale per il risultato finale. Il Potenza è stato costruito con criterio, con interventi mirati a ringiovanire la squadra, puntando su un paio di profili che in futuro potrebbero valere qualche plusvalenza. E soprattutto si è scelto uno dei partner d’attacco di Caturano, mi riferisco a D’Auria, in attesa di Rosafio, che è davvero tanta roba.
Insomma, si è strutturato un percorso che deve avere il suo tempo e deve essere contornato anche dalla pazienza della gente potentina, anche di coloro i quali (e saranno tanti), a maggior ragione oggi, finalmente si rendono conto che costruire squadre dai nomi faraonici non è una garanzia di successo sicuro. Eppure, ci sono tanti esempi in passato che avrebbero dovuto già imprimere una direzione ai commenti e ai giudizi a prescindere di cui abbondano social e bar. Ma, appunto, resteranno chiacchiere di fronte alla concretezza di portare a casa l’unica cosa che conta nel gioco del calcio: i risultati.