mercoledì 12 Marzo 2025

La pillola del giorno dopo Potenza-Juve Ng di Alfonso Pecoraro
L

Quando la prestazione è migliore del risultato. Ma, in questo frangente dopo tre ko di fila e la bruttissima prova di Crotone, credo che sia la cosa che maggiormente conta. Ossia la forza di un gruppo che ha saputo venire fuori dalla difficoltà del rosso a Felippe (non certo uno qualunque) nell’esatto momento in cui tutti abbiamo pensato che si sarebbe potuto perdere di nuovo. De Giorgio compreso che ha avuto per primo la forza di convincere chi era in campo che si poteva vincere ugualmente. Chiunque avrebbe sostituito un attaccante alla fine del primo tempo ed invece mantenere dentro un tridente, in cui però Rosafio e Petrungaro hanno dovuto faticare il doppio, ha conferito a tutti una dose di vitalità e convinzione supplementare. Che ha portato alla prestazione di spessore, contro un’avversaria decisamente forte, che ha più valore del solo punto preso.

Che poi è stato solo uno per un’evidente direzione arbitrale, diciamo, sfortunata e che ha portato alle dichiarazioni di Macchia. Un solo inciso, per chi non lo sapesse: evidentemente non si può mandare un arbitro avellinese in una sfida playoff che – direttamente o no – coinvolge anche la squadra di quella provincia. Ma l’assistente numero uno, Cristian Robilotta, quello sotto la tribuna, quello che non ha visto che Guerra era davanti ad Alastra sul pareggio, pur essendo della sezione di Sala Consilina è di Villa d’Agri. Per l’amor di Dio, guai a pensare che dovesse arbitrare a favore del Potenza (anche se quello che era in campo aveva una leggerissima propensione bianconera, diciamo così), ma porca miseria….

Ultimo inciso: credo, proprio come il presidente Macchia, che alla C serva una dapprima una riforma importante e che poi serva il Var per aiutare gli arbitri e per conferire uniformità ai campionati professionistici di A e B. La C non può considerarsi alla stregua delle prime due categorie solo per i costi esorbitanti delle squadre e di gestioni fiscali ed erariali, e come la D per tutto il resto. Servono maggiori garanzie a tutela di tutti, in primis di chi ci mette soldi veri.

Ma fossi stato nel presidente non avrei detto “lascio il calcio senza riforme”. Il calcio è così dalla notte dei tempi, da almeno venti anni si parla di riforme e nessuno ci è riuscito. Bene fa Macchia a parlarne, a mettere sul piatto proposte e proteste, a scuotere la discussione con una Figc ferma all’anno zero su tanti punti. Ma lasciare se il calcio non cambia, rispetto a come era quando è iniziata la sua gestione, mi sembra una frase troppo forte rispetto alle reali intenzioni, lodevoli, che sono quelle di scuotere un movimento che rischia di implodere su se stesso.

Chiudo così: ha detto il patron “sono una capatosta, quello che mi propongo di fare lo faccio”. Io ricordo che ci ha anche detto che il Potenza se lo vuole portare nella tomba, dopo essere riuscito a riportarlo in alto. E a questo voglio credere più di ogni altra cosa: lunga vita al presidente e a tutti noi.

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Quando la prestazione è migliore del risultato. Ma, in questo frangente dopo tre ko di fila e la bruttissima prova di Crotone, credo che sia la cosa che maggiormente conta. Ossia la forza di un gruppo che ha saputo venire fuori dalla difficoltà del rosso a Felippe (non certo uno qualunque) nell’esatto momento in cui tutti abbiamo pensato che si sarebbe potuto perdere di nuovo. De Giorgio compreso che ha avuto per primo la forza di convincere chi era in campo che si poteva vincere ugualmente. Chiunque avrebbe sostituito un attaccante alla fine del primo tempo ed invece mantenere dentro un tridente, in cui però Rosafio e Petrungaro hanno dovuto faticare il doppio, ha conferito a tutti una dose di vitalità e convinzione supplementare. Che ha portato alla prestazione di spessore, contro un’avversaria decisamente forte, che ha più valore del solo punto preso.

Che poi è stato solo uno per un’evidente direzione arbitrale, diciamo, sfortunata e che ha portato alle dichiarazioni di Macchia. Un solo inciso, per chi non lo sapesse: evidentemente non si può mandare un arbitro avellinese in una sfida playoff che – direttamente o no – coinvolge anche la squadra di quella provincia. Ma l’assistente numero uno, Cristian Robilotta, quello sotto la tribuna, quello che non ha visto che Guerra era davanti ad Alastra sul pareggio, pur essendo della sezione di Sala Consilina è di Villa d’Agri. Per l’amor di Dio, guai a pensare che dovesse arbitrare a favore del Potenza (anche se quello che era in campo aveva una leggerissima propensione bianconera, diciamo così), ma porca miseria….

Ultimo inciso: credo, proprio come il presidente Macchia, che alla C serva una dapprima una riforma importante e che poi serva il Var per aiutare gli arbitri e per conferire uniformità ai campionati professionistici di A e B. La C non può considerarsi alla stregua delle prime due categorie solo per i costi esorbitanti delle squadre e di gestioni fiscali ed erariali, e come la D per tutto il resto. Servono maggiori garanzie a tutela di tutti, in primis di chi ci mette soldi veri.

Ma fossi stato nel presidente non avrei detto “lascio il calcio senza riforme”. Il calcio è così dalla notte dei tempi, da almeno venti anni si parla di riforme e nessuno ci è riuscito. Bene fa Macchia a parlarne, a mettere sul piatto proposte e proteste, a scuotere la discussione con una Figc ferma all’anno zero su tanti punti. Ma lasciare se il calcio non cambia, rispetto a come era quando è iniziata la sua gestione, mi sembra una frase troppo forte rispetto alle reali intenzioni, lodevoli, che sono quelle di scuotere un movimento che rischia di implodere su se stesso.

Chiudo così: ha detto il patron “sono una capatosta, quello che mi propongo di fare lo faccio”. Io ricordo che ci ha anche detto che il Potenza se lo vuole portare nella tomba, dopo essere riuscito a riportarlo in alto. E a questo voglio credere più di ogni altra cosa: lunga vita al presidente e a tutti noi.

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Quando la prestazione è migliore del risultato. Ma, in questo frangente dopo tre ko di fila e la bruttissima prova di Crotone, credo che sia la cosa che maggiormente conta. Ossia la forza di un gruppo che ha saputo venire fuori dalla difficoltà del rosso a Felippe (non certo uno qualunque) nell’esatto momento in cui tutti abbiamo pensato che si sarebbe potuto perdere di nuovo. De Giorgio compreso che ha avuto per primo la forza di convincere chi era in campo che si poteva vincere ugualmente. Chiunque avrebbe sostituito un attaccante alla fine del primo tempo ed invece mantenere dentro un tridente, in cui però Rosafio e Petrungaro hanno dovuto faticare il doppio, ha conferito a tutti una dose di vitalità e convinzione supplementare. Che ha portato alla prestazione di spessore, contro un’avversaria decisamente forte, che ha più valore del solo punto preso.

Che poi è stato solo uno per un’evidente direzione arbitrale, diciamo, sfortunata e che ha portato alle dichiarazioni di Macchia. Un solo inciso, per chi non lo sapesse: evidentemente non si può mandare un arbitro avellinese in una sfida playoff che – direttamente o no – coinvolge anche la squadra di quella provincia. Ma l’assistente numero uno, Cristian Robilotta, quello sotto la tribuna, quello che non ha visto che Guerra era davanti ad Alastra sul pareggio, pur essendo della sezione di Sala Consilina è di Villa d’Agri. Per l’amor di Dio, guai a pensare che dovesse arbitrare a favore del Potenza (anche se quello che era in campo aveva una leggerissima propensione bianconera, diciamo così), ma porca miseria….

Ultimo inciso: credo, proprio come il presidente Macchia, che alla C serva una dapprima una riforma importante e che poi serva il Var per aiutare gli arbitri e per conferire uniformità ai campionati professionistici di A e B. La C non può considerarsi alla stregua delle prime due categorie solo per i costi esorbitanti delle squadre e di gestioni fiscali ed erariali, e come la D per tutto il resto. Servono maggiori garanzie a tutela di tutti, in primis di chi ci mette soldi veri.

Ma fossi stato nel presidente non avrei detto “lascio il calcio senza riforme”. Il calcio è così dalla notte dei tempi, da almeno venti anni si parla di riforme e nessuno ci è riuscito. Bene fa Macchia a parlarne, a mettere sul piatto proposte e proteste, a scuotere la discussione con una Figc ferma all’anno zero su tanti punti. Ma lasciare se il calcio non cambia, rispetto a come era quando è iniziata la sua gestione, mi sembra una frase troppo forte rispetto alle reali intenzioni, lodevoli, che sono quelle di scuotere un movimento che rischia di implodere su se stesso.

Chiudo così: ha detto il patron “sono una capatosta, quello che mi propongo di fare lo faccio”. Io ricordo che ci ha anche detto che il Potenza se lo vuole portare nella tomba, dopo essere riuscito a riportarlo in alto. E a questo voglio credere più di ogni altra cosa: lunga vita al presidente e a tutti noi.

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