Voglio bene a Pietro De Giorgio e mai metterei in dubbio la sua buona fede. Ero (e sono) rimasto perplesso da un passaggio della sua conferenza stampa. L’ho risentito quattro volte e ho cercato di comprendere il concetto che aveva espresso e che, ribadisco quello che ho detto a voce a lui, avrebbe potuto spiegare meglio. Ossia: la vittoria va costruita nel tempo, così come va costruita la mentalità vincente e, soprattutto l’abitudine a vincere che a Potenza, purtroppo, manca.
Almeno: questo ho capito e il mister avrebbe potuto essere più chiaro, anche perché non sono pochi i casi di piazze che hanno vinto o vinceranno campionati di C per la prima volta pur non avendolo fatto mai (penso a Cerignola e Monopoli che possono davvero inseguire un sogno). E questo significa che anche chi non ha mai vinto, può farlo: la mentalità vincente si costruisce vincendo. Non vincere, per il solo fatto di non aver mai vinto, non può per nessuno essere una giustificazione. Altrimenti, stiamo a casa.
Ci sono (e siamo) rimasti malissimo tutti, e gli attacchi social sono stati impietosi, quasi come se avessero avuto molto più peso le sue parole rispetto al secondo scivolone pesantissimo di fila.
Ma proprio come De Giorgio sicuramente farà, voglio spiegare meglio per non essere frainteso: se il mio allenatore, quello che rappresenta in campo Potenza dice che né lui, né la società, né i tifosi che hanno meno di 60 anni sono abituati a vincere è come se mettesse le mani avanti prima di perdere. E’ come se dicesse che se si perde tre volte di fila beccando 10 reti non succede niente, perché qui tanto non si vince mai. Ed allora chi macina migliaia di chilometri all’anno perché mai dovrebbe continuare a farlo se a Potenza manca l’abitudine a vincere? Perché dovrebbe mai continuare a sognare (come faranno Cerignola e Monopoli fino alla fine)?
Quel “noi ci proveremo” pronunciato alla fine lo assolve, ma è stato un passaggio incerto per quello che il mister avrebbe voluto dire e che comunque si può ancora chiarire proprio perché la buona fede di De Giorgio non sarà assolutamente mai messa in discussione. E il legame che lui ha con la gente di Potenza e il rispetto per la piazza è tale che mai e poi mai avrebbe pronunciato frasi per offendere la sensibilità di qualcuno.
Premessa doverosa che fa il paio con il resto: al 90’ di Potenza-Cerignola si è spenta la luce e una squadra di giovani ha perso le sue certezze e ha iniziato a brancolare nel buio. Queste tre partite ci hanno consegnato un verdetto: quello di un’incompiuta. E’ come se gli scontri diretti avessero impresso sulla rosa del Potenza questo timbro, ossia quello di una squadra e di una società che stava inseguendo un sogno e alla quale è mancato il coraggio di correggere le lacune evidenti che si avevano, che sono state a tratti mascherate, ma che si hanno ancora tuttora. Che poi sono sempre le stesse e che riguardano la fragilità difensiva denunciata un po’ da tutti fin dall’inizio della stagione. Se becchi 10 gol in tre scontri diretti, inevitabilmente, non si può dire che sei alla pari degli altri. Hai qualcosa di meno, che neanche il lavoro quotidiano e perseverante ti consente di migliorare.
Il reset auspicato sette giorni fa è ancora rinviato. La classifica resta ottima per quello che la squadra ha fatto fino ad oggi. Nel raffronto con le stesse prime sette partite dell’andata si sono addirittura presi tre gol di meno (11 contro 14), ma anche si è fatto un punto in meno (10 contro 11). Il cammino resta quello e la speranza di ripetere l’andamento del girone di andata anche nel ritorno resta immutata. Evidentemente serve qualcosa di più, qualche altra scelta tecnica, un po’ di fortuna negli episodi e riaccendere quella luce che si è spenta. Poi, di questo ne siamo sempre assertori, il campo restituirà alla lunga il verdetto che hai meritato.