DI ALFONSO PECORARO
Ma quando finisce questo strazio? Non vedo l’ora che arrivi il 27 aprile perché, davvero, non se ne può proprio più. Una continua altalena, sempre nel momento in cui ci si sarebbe potuto aspettare chissà che cosa, un salto in alto, una prospettiva differente. Se avessimo pareggiato a Cerignola sarebbe stato un furto senza scasso. Ce ne sarebbe importato davvero nulla, avremmo preso il punto e saremmo scappati a fare una statua a Santo Alastra da Erice. E soprattutto avremmo allungato la serie a tre gare utili di fila e avremmo avuto un po’ di morale in più per affrontare il Crotone, la prima di cinque battaglie da affrontare con il pensiero che questa non sia una squadra che sa usare la spranga. E purtroppo neanche il fioretto. E l’esempio è proprio Cerignola: surclassati dall’avversario non combattuto, e incapaci completamente di fare un minimo di gioco. E per di più con un dubbio che continua ad assillarmi da un po’ di tempo a questa parte: ma Marchionni perché non fa i cambi?
Questa è una squadra indefinibile dopo 33 partite. Proprio per il cammino fatto, che colloca il Potenza Calcio Official nella terra di nessuno: né sopra, né sotto. Ogni volta che poteva accadere qualcosa di prospettiva, non è avvenuto. Paradossalmente, è una situazione di complicata lettura: tre stagioni fa, quando avvenne la miracolosa combinazione tra risultati favorevoli con Arleo e esclusione del Catania, almeno, sapevamo quale era l’obiettivo: eravamo ultimi dopo aver perso 3-1 col Monterosi. Eravamo destinati a fare la guerra, avevamo i soldati per farla e si scelse il comandante adatto. E l’impresa riuscì. Oggi siamo in grado di dirlo? La cosa grave, personalmente, è che non lo so. Per tutto lo sbandamento emotivo, di giudizi, di valutazioni, di riflessioni che questa squadra mi ha costretto a fare per un anno intero.
Adesso vorrei solo risvegliarmi il 27 aprile tirando un sospiro di sollievo per il pericolo scampato. Ma quando finisce questo strazio?
PS. Ultima considerazione. In ogni mio viaggio di ritorno, il mio cellulare è in ebollizione. Mi arrivano almeno una decina di telefonate, tra tifosi, amici e addetti ai lavori. Telefonate utili per confrontarsi, per commentare, per guardare in prospettiva. Chi viaggia con me lo sa benissimo. Ebbene, ieri mi ha telefonato solo una persona. Segnale brutto e chiaro: sembra davvero che inizia a non fregarsene più niente nessuno, e vada come vada.
Invece no: spero che ci sia l’ultima compattezza ambientale attorno a questa squadra, si conquisti tutti insieme questa benedetta salvezza e poi tutti a casa a cercare ciascuno la propria gloria altrove, non più qui.