venerdì 20 Settembre 2024

“La Pillola” post Potenza🆚Giugliano

DI ALFONSO PECORARO

Alla fine non importa che ci sono volute 28 partite per vedere un Potenza Calcio Official degno di tal nome. L’importante è che sia accaduto nella giornata giusta, in quella che – non a torto – era stata indicata come la partita più importante della stagione. Ed averla vinta, per come la si è vinta, restituisce dignità e un po’ più di serenità ad un ambiente che negli ultimi giorni era stato scosso ed era ripiombato in un cupo pessimismo che incideva principalmente sull’analisi della classifica e si concentrava in primis sul cammino delle avversarie che ci stavano alle spalle.

Ma è giusto, dopo aver esaltato tutto quello che c’era da esaltare in termini di cuore, lotta, attaccamento, rabbia, nervi, restare ben concentrati e con i piedi per terra per il prosieguo. Questa squadra ci ha fin troppo abituato, per non dire scocciato, a quegli alti e bassi da montagne russe che oggi non possono certamente fare stare tranquilli. L’equilibrio è quello che è maggiormente mancato fino ad oggi ed almeno noi – da addetti ai lavori – dobbiamo cercare di mantenerlo, non esaltandoci troppo e pensando già alla prossima gara e al rapido raggiungimento dei 41 punti.

Ma è doveroso comunque sottolineare che quella di ieri è stata la partita che ogni tifoso sogna di vincere, anche a costo di perdere qualche anno di vita. Alla fine, però, è stato molto bello ed esaltante. Anche perché in fondo si è percepito che qualcosa questa squadra ce l’ha. La questione è capire il perché è stato necessario rasentare il fondo del barile per farla riemergere. Un mistero che nessuno saprà mai risolvere. Proprio come un altro paio che mi ruotano nella testa.

Il primo: Asencio. Al netto della dinamica che ha portato alla sua espulsione, che resta un dubbio, lo spagnolo aveva già per un tempo intero lasciato l’impressione che il Potenza stesse giocando in dieci. E questa volta non c’era nemmeno l’alibi della impossibile coesistenza con Caturano, che era in panchina. Chiunque al mondo, quando è arrivato a Potenza, diceva che fosse un fenomeno. Davvero io non ho più parole: sarà che, come dicono i tifosi…. “simm neri”.

Il secondo: Volpe. Ma sto benedetto ragazzo l’ha capito che cosa tiene tra i piedi? Ha capito che è forte veramente? E’ così complicato trasferire un pochino del suo talento anche nella parte superiore del corpo? Nella mente ho il gol capolavoro di ieri e il folle pugno tirato all’avversario in maniera scriteriata a Torre del Greco. Circostanza che se fosse stata presa in evidenza da quell’altro arbitro, non lo avrebbe reso disponibile per la sfida di ieri. Per essere un talento bastano i piedi, per diventare campioni è fondamentale anche la testa.

PS – L’augurio finale è che la partita di ieri, e l’eco che avrà per averla vinta in nove, possa diventare lo spot per riavvicinare una comunità intera alla sua squadra di calcio. Chi c’era lo dicesse in giro che vivere certe emozioni allo stadio è un’esperienza da vivere.

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“La Pillola” post Potenza🆚Giugliano

DI ALFONSO PECORARO

Alla fine non importa che ci sono volute 28 partite per vedere un Potenza Calcio Official degno di tal nome. L’importante è che sia accaduto nella giornata giusta, in quella che – non a torto – era stata indicata come la partita più importante della stagione. Ed averla vinta, per come la si è vinta, restituisce dignità e un po’ più di serenità ad un ambiente che negli ultimi giorni era stato scosso ed era ripiombato in un cupo pessimismo che incideva principalmente sull’analisi della classifica e si concentrava in primis sul cammino delle avversarie che ci stavano alle spalle.

Ma è giusto, dopo aver esaltato tutto quello che c’era da esaltare in termini di cuore, lotta, attaccamento, rabbia, nervi, restare ben concentrati e con i piedi per terra per il prosieguo. Questa squadra ci ha fin troppo abituato, per non dire scocciato, a quegli alti e bassi da montagne russe che oggi non possono certamente fare stare tranquilli. L’equilibrio è quello che è maggiormente mancato fino ad oggi ed almeno noi – da addetti ai lavori – dobbiamo cercare di mantenerlo, non esaltandoci troppo e pensando già alla prossima gara e al rapido raggiungimento dei 41 punti.

Ma è doveroso comunque sottolineare che quella di ieri è stata la partita che ogni tifoso sogna di vincere, anche a costo di perdere qualche anno di vita. Alla fine, però, è stato molto bello ed esaltante. Anche perché in fondo si è percepito che qualcosa questa squadra ce l’ha. La questione è capire il perché è stato necessario rasentare il fondo del barile per farla riemergere. Un mistero che nessuno saprà mai risolvere. Proprio come un altro paio che mi ruotano nella testa.

Il primo: Asencio. Al netto della dinamica che ha portato alla sua espulsione, che resta un dubbio, lo spagnolo aveva già per un tempo intero lasciato l’impressione che il Potenza stesse giocando in dieci. E questa volta non c’era nemmeno l’alibi della impossibile coesistenza con Caturano, che era in panchina. Chiunque al mondo, quando è arrivato a Potenza, diceva che fosse un fenomeno. Davvero io non ho più parole: sarà che, come dicono i tifosi…. “simm neri”.

Il secondo: Volpe. Ma sto benedetto ragazzo l’ha capito che cosa tiene tra i piedi? Ha capito che è forte veramente? E’ così complicato trasferire un pochino del suo talento anche nella parte superiore del corpo? Nella mente ho il gol capolavoro di ieri e il folle pugno tirato all’avversario in maniera scriteriata a Torre del Greco. Circostanza che se fosse stata presa in evidenza da quell’altro arbitro, non lo avrebbe reso disponibile per la sfida di ieri. Per essere un talento bastano i piedi, per diventare campioni è fondamentale anche la testa.

PS – L’augurio finale è che la partita di ieri, e l’eco che avrà per averla vinta in nove, possa diventare lo spot per riavvicinare una comunità intera alla sua squadra di calcio. Chi c’era lo dicesse in giro che vivere certe emozioni allo stadio è un’esperienza da vivere.

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Ma è giusto, dopo aver esaltato tutto quello che c’era da esaltare in termini di cuore, lotta, attaccamento, rabbia, nervi, restare ben concentrati e con i piedi per terra per il prosieguo. Questa squadra ci ha fin troppo abituato, per non dire scocciato, a quegli alti e bassi da montagne russe che oggi non possono certamente fare stare tranquilli. L’equilibrio è quello che è maggiormente mancato fino ad oggi ed almeno noi – da addetti ai lavori – dobbiamo cercare di mantenerlo, non esaltandoci troppo e pensando già alla prossima gara e al rapido raggiungimento dei 41 punti.

Ma è doveroso comunque sottolineare che quella di ieri è stata la partita che ogni tifoso sogna di vincere, anche a costo di perdere qualche anno di vita. Alla fine, però, è stato molto bello ed esaltante. Anche perché in fondo si è percepito che qualcosa questa squadra ce l’ha. La questione è capire il perché è stato necessario rasentare il fondo del barile per farla riemergere. Un mistero che nessuno saprà mai risolvere. Proprio come un altro paio che mi ruotano nella testa.

Il primo: Asencio. Al netto della dinamica che ha portato alla sua espulsione, che resta un dubbio, lo spagnolo aveva già per un tempo intero lasciato l’impressione che il Potenza stesse giocando in dieci. E questa volta non c’era nemmeno l’alibi della impossibile coesistenza con Caturano, che era in panchina. Chiunque al mondo, quando è arrivato a Potenza, diceva che fosse un fenomeno. Davvero io non ho più parole: sarà che, come dicono i tifosi…. “simm neri”.

Il secondo: Volpe. Ma sto benedetto ragazzo l’ha capito che cosa tiene tra i piedi? Ha capito che è forte veramente? E’ così complicato trasferire un pochino del suo talento anche nella parte superiore del corpo? Nella mente ho il gol capolavoro di ieri e il folle pugno tirato all’avversario in maniera scriteriata a Torre del Greco. Circostanza che se fosse stata presa in evidenza da quell’altro arbitro, non lo avrebbe reso disponibile per la sfida di ieri. Per essere un talento bastano i piedi, per diventare campioni è fondamentale anche la testa.

PS – L’augurio finale è che la partita di ieri, e l’eco che avrà per averla vinta in nove, possa diventare lo spot per riavvicinare una comunità intera alla sua squadra di calcio. Chi c’era lo dicesse in giro che vivere certe emozioni allo stadio è un’esperienza da vivere.

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