Il direttore sportivo del Potenza ha rilasciato un’intervista sul settimanale “Controsenso” a firma di Antonella Sabia. Abbiamo riportato il testo integrale.
Cambiare idea è un’arte assai complicata, la maggior parte delle volte si preferisce rimanere sulle proprie posizioni. Conoscendo da vicino e parlando con Fortunato Varrà, direttore sportivo del Potenza Calcio, è assai facile però tornare sui propri passi, abbandonando qualsiasi tipo di pregiudizio.
Ripercorrendo questa stagione, il Potenza è ripartito da una nuova società e una squadra quasi del tutto rifondata. Dopo un primo periodo a singhiozzo, il cambio allenatore, il mercato invernale e una serie di risultati positivi, è stato conquistato un quasi insperato 9° posto. Come commenta questo primo anno?
È vero, siamo partiti non benissimo, ma sapevamo anche le difficoltà che potevamo incontrare con una nuova società, rifondando l’organizzazione e una squadra intera di calciatori. Naturalmente le difficoltà c’erano e ci sarebbero state in ogni caso, perché il calcio è tutto il contrario di tutto, non si può dire mai come va a finire, ci si augura sempre il meglio. Come ho sempre detto, Siviglia è un ottimo allenatore, per me ha fatto bene ma sicuramente non è stato aiutato dai risultati, e si sa, siamo legati molto a quelli. Raffaele è un allenatore molto preparato, conosceva già la piazza e l’ambiente, conosce benissimo la categoria, ha saputo quindi gestire al meglio determinate situazioni…alla fine questa scelta ci ha dato ragione.
In particolare, nel primo periodo, molto spesso ha ricevuto delle critiche specie dopo alcuni risultati che, come dicevamo, contano parecchio. Ha sempre dato l’impressione di una persona poco aperta, qual è il suo rapporto con questa città?
Conoscevo la città di Potenza, molto spesso venivo a vedere le partite, e mi è sempre piaciuta come tifoseria. Chiaramente non ero addentrato nella città, e quando ho iniziato a fare questo percorso mi sono un po’ chiuso proprio per mantenere una certa lucidità su quello che dovevo andare a fare, senza farmi condizionare da situazioni esterne, anche perché determinate responsabilità sarebbero ricadute su di me. Volevo quindi sbagliare con la mia testa, sicuramente ho fatto degli errori, ho fatto altre cose bene, ma questo fa parte del nostro lavoro. Si cerca sempre di migliorarsi, il prossimo anno probabilmente farò altri errori, non commetterò sempre gli stessi!!! (ride, ndr). Per quanto riguarda il rapporto con la città ho sempre elogiato la parte ultras, che è la parte più bella e positiva. Per quanto riguarda le critiche che ho avuto, quelle costruttive hanno aiutato a crescere, ce ne sono state poi alcune abbastanza gratuite, ma capisco anche i motivi e quindi non porto rancore, né tantomeno sono uno che sente la necessità di tirar fuori i sassolini dalle scarpe dopo. Credo nel mio lavoro, sono dalla mattina alla sera nello stadio, chi mi vuole incontrare sa dove trovarmi, sicuramente non sono un direttore da bar, “da compari e comare”, ma cerco di dare professionalità e fare il mio lavoro a 360°, nel migliore dei modi. Cerco sempre di essere coerente tra quello che dico e quello che faccio.
Varrà, come direttore sportivo, si aspettava qualcosa di più o di diverso rispetto alla costruzione della squadra iniziale? È stato deluso da qualche situazione?
Sicuramente, anche se parlare di delusione forse è un po’ troppo eccessivo. Mi aspettavo di più, certamente. Ho sempre detto che la società aveva dato mandato sulle strutture, sui giovani e sulla salvezza. E io credo che non abbiamo costruito una squadra per la salvezza, ma per qualcosina in più, proprio per questo accetto le critiche che mi sono state fatte, in particolare quando si è parlato di avere qualche punto in più; non posso accettare invece quando si dice che abbiamo calciatori che non potrebbero fare nemmeno la serie D! In questi casi si tratta di cattiveria, e poca obiettività. Rispetto ai giocatori, posso dire certamente che non sono deluso ma da alcuni mi sarei aspettato di più.
C’è un momento di questi mesi che più l’ha esaltata o un ricordo a cui è più legato?
Forse in questo sono un po’ diverso, per me non c’è una partita o un momento più giusto, ognuno ha una sua particolarità. È normale che quando vieni da un periodo negativo, dopo aver vissuto dei giorni difficili, una vittoria assume un sapore diverso, provi sulla pelle quel senso di “liberazione”, in particolare per i ragazzi che sentivano la pressione addosso. E anche in questo, posso solo ringraziare gli ultras che non ci hanno mai messo in contestazione, ci hanno sempre applaudito, e se c’è stato qualche momento di disaccordo, è ovviamente comprensibile, in quelle partite in cui non ci eravamo espressi al meglio.
Il Potenza è riuscito a conquistarsi un posto nei play-off, disputerà questo primo turno contro l’altro Lucana del girone. Se avesse potuto scegliere, avrebbe preferito affrontare una squadra diversa?
Assolutamente no, sono contento che ci “è toccato” il Picerno, una società a cui va dato merito di quello che sono riusciti a fare. Credo che andremo lì a giocarci la partita e non credo nemmeno nel fattore stadio personalmente. Mi dispiace solamente che abbia una capienza minima, per cui non potrà essere una grande festa per tutti i nostri tifosi e per la città di Potenza. Sarebbe stata bella in un altro stadio, ma mi metto anche nei panni della società Picerno e della comunità, che ovviamente può dire di aver conquistato quella posizione quindi il diritto di giocare in casa, ed è giusto disputarli nel loro stadio. Egoisticamente, da “potentino” mi sarebbe piaciuto fare questo regalo alla città, ma è stato anche un demerito nostro in particolare nelle partite con Giugliano e Monopoli, non riuscire a conquistare un posto per giocare in casa.
La figura del direttore sportivo oggi più che mai assorbe più funzioni, in generale quali sono i lati positivi e negativi del ruolo?
È un lavoro abbastanza complesso, è una passione che ho coltivato sin da quando giocavo. Non ho mai preso il patentino da allenatore e non ho mai focalizzato la mia attenzione su altri tipi di professioni se non quella di direttore sportivo. La complessità sta nel gestire determinate situazioni perché ad oggi il DS si ritrova a parlare con la società, con i calciatori, con la stampa, con i tifosi a 360°, è diventata una parte operativa sia a livello dirigenziale che sportiva. Bisogna soprattutto cercare di capire il linguaggio del calciatore, quello esperto così come quello di vent’anni, gestire anche a livello psicologico dei momenti, della città, del presidente, dell’allenatore e posso dire che tutto questo non è poi così facile. Proprio per questo motivo cerco di stare il più possibile nello stadio, non di frequentare meno la città, ma di parlare il meno possibile, perché umoralmente anche io a fine partita sono spesso distrutto, potrei dire qualcosa di sbagliato o qualcosa che poi non potrei mantenere. Ma in generale mi ritengo una persona abbastanza aperta, quelle poche persone che mi hanno conosciuto lo sanno che tranquillamente mi fermo a dialogare e a scherzare, ma soprattutto sono il primo a fare autocritica.
Per parlare di futuro, bisogna attendere le prossime partite, o vi state muovendo a prescindere dai play off?
La linea sarà pressoché la stessa, punteremo ancora sul discorso giovani e sicuramente a migliorarci, cercando di alzare l’asticella, ma questo non significa sempre puntare i grandi nomi perché come dico i nomi si lasciano negli spogliatoi, sono i giocatori ad andare in campo. Stiamo crescendo e vogliamo ambire a qualcosa di più ogni anno che passa.
Cosa si sente di dire alla città e ai tifosi?
Questa gente, il Potenza lo porta nel cuore, dire di sostenere questa squadra è limitante, lo fanno a prescindere e indipendentemente dalla dirigenza. Al tempo stesso dico però di continuare a sostenere queste persone, il presidente Macchia, Nicola Macchia, l’amministratore, perché oltre all’aspetto economico ci mettono tanto cuore e cercheranno di portare questa squadra e questa città sempre più in alto, a confrontarsi con società e città più blasonate. Mi sento di ringraziare i tifosi per quello che ci hanno dato, e quello che hanno dato anche a me, perché per quanto non sono il tipo di persona che va sotto la curva, vivo anche io di emozioni, cerco di mascherare, stare più distaccato e contenermi, perché è quello che impone il mio ruolo. non bacio la maglia, non bacio lo scudetto, ma non per questo significa che io non sia legato…anzi, spesso è il contrario. Voglio il bene del Potenza, farò tutto il possibile, questa è la mia professione e voglio arrivare in alto sia per il Potenza che come ambizione personale.